La Regina degli Elfi di Shannara, terzo capitolo del ciclo degli Eredi di Terry Brooks, vede come protagonista Wren e la ricerca degli elfi affidatagli da Allanon, spariti dalle Quattro Terre da un centinaio di anni per sfuggire alla persecuzione della Federazione e all’accusa di essere la causa del male che ha cominciato a dilagare. Avvisata dalla veggente Occhio di Serpe trovata a Grimpen Ward, Wren si reca con l’amico e mentore Garth, il Rover che l’ha addestrata fin dall’età di cinque anni dopo aver vissuto per qualche tempo a Valle d’Ombra con gli Ohmsford, alle grotte dei Rocchi, sulla costa dello Spartiacque Azzurro, e accende un fuoco per tre giorni e tre notti, per far giungere chi potrà aiutarli nella ricerca. Ma prima che l’aiuto ricercato arrivi, i due sono attaccati da un Ombrato: un combattimento che sembra segnato, se non che Wren scopre che i tre sassi dipinti che porta con sé dall’infanzia sono le famose Pietre Magiche dei suoi antenati e con la magia appena riscoperta elimina l’aggressore.
Al termine dei tre giorni, fa la sua comparsa Tiger Ty, un elfo celeste, in groppa al suo Roc, un volatile gigantesco, e lì scoprono che gli elfi terrestri (come Tiger Ty li chiama) sono andati su Morrowind, un’isola al largo della costa, ma di essi però non si sa più nulla da anni dopo l’avvento dei mostri, scomparsi o semplicemente rinchiusisi all’interno della loro Città. Accompagnati dall’elfo celeste, che li lascia sulla spiaggia dell’isola, Wren e Garth si ritrovano immersi in un mondo da incubo, completamente stravolto dal paradiso terrestre che un tempo era. Paludi e giungle soffocanti, deserti arroventati, montagne difficili da scalare, per non parlare dei mostri che li abitano e che sono sempre in caccia. Raggiungere la città sembra un’impresa impossibile, se non fosse per l’incontro con Stresa, un Gatto Screziato, una creatura capace di parlare creata dalla magia degli elfi: salvatolo dalla trappola del Wisteron, uno dei mostri più pericolosi di Morrowind, la bestia li aiuta a raggiungere la città degli elfi, a patto che lo portino con loro di ritorno nelle Quattro Terre.
Entrati in Arborlon, molte scoperte attendono Wren: su se stessa, sulla magia, sull’origine del male che ha distrutto l’isola e fatto nascere i Demoni (che non sono quelli imprigionati nel Divieto dall’Eterea; la sua vita ne viene completamente cambiata e stravolta, facendola venire a patti con verità spiacevoli e realtà nascoste. Senza contare il viaggio di ritorno, che è un vero e proprio viaggio all’inferno.
Oltre alla trama principale, come negli altri romanzi incentrati prevalentemente a un protagonista (Par per Gli Eredi di Shannara, Walker Boh per Il Druido di Shannara), anche in La regina degli Elfi di Shannara ci sono piccole parti dedicate ad altri personaggi: si vedranno le vicende di Coll, Par e soprattutto Walker Boh, che, dopo il ritrovamento della Pietra Nera, andrà incontro al destino che lo attende nella spettrale (intesa in senso letterale) Paranor.
La Regina degli Elfi di Shannara è forse il libro migliore del ciclo degli Eredi (anche se tutti sono molto belli): avvincente, ricco di colpi di scena, ma soprattutto rivelatore di quelle verità finora rimaste segrete e accennate nei due libri precedenti. Scoperte sconvolgenti in una storia densa, fatta di avventura, atti eroici, disperazione, perdita e tradimenti: Brooks riesce ad amalgamare fantasy e horror in un ottimo binomio, immettendo nella sua opera di narrativa un messaggio che fa riflettere e denuncia la sperimentazione incontrollata, priva di morale ed etica: è vero che qui si tratta di sperimenti fatti con la magia, dove con essa si creano nuove creature unendo razze diverse e ci si spinge anche a voler creare qualcosa di nuovo, di superiore a quanto già esistente, ma il concetto è chiaro. Leggendo certe pagine di La Regina degli Elfi di Shannara viene subito in mente la critica contro certe sperimentazioni genetiche, dove scienziati senza scrupoli ed etica, per scoprire cose nuove, si spingono oltre i limiti, dando vita a cose poco piacevoli. Il progresso è utile ed è una gran cosa, ma occorre essere consapevoli di certe azioni e delle conseguenze che da esse possono nascere, dei danni che si possono causare agli esseri viventi, alla natura, al mondo intero; una ricerca di conoscenza e di maggior potere che spesso diventa follia e si sa che la follia non porta mai nulla di buono: la storia umana è costellata di esempi su questa realtà (gli orrori degli esperimenti “medici” fatti dai nazisti, quelli dei primi trapianti di organi, quelli nucleari).
Se a tutto questo si aggiunge che La Regina degli Elfi di Shannara presenta forse il miglior protagonista dell’intero ciclo (Wren coinvolge il lettore con la sua determinazione e il suo senso di giustizia, oltre a una gran umanità), che al suo fianco ci sono personaggi che rimangono impressi nella mente e nel cuore del lettore (gli animali Stresa e Fauno, la veggente Eowen e la regina Ellenroh, Garth, protettore di Wren, e poi Aurin Striate detto il Gufo, Triss, capitano della Guardia Nazionale degli Elfi, Tiger Ty con il suo Roc), immersi in uno scenario che ben trasmette la sensazione di pericolo, morte e orrore, non si può non constatare che si è di fronte a una storia davvero ben congeniata.
Una nota sull’edizione italiana in possesso, quella del 1992 di Arnoldo Mondadori Editore, con traduzione di Savino D’amico (ogni volume ha avuto un traduttore differente). A parte un numero di refusi maggiore dei romanzi precedenti (parole attaccate tra loro), errori di traduzione (Stresa, sdraiato nell’imbracatura del Roc, non può certo cavalcare), ci si domanda, da quanto letto, se all’interno della casa editrice ci sia stata comunicazione tra i vari addetti ai lavori o se invece si è lasciato andare qualcuno per i fatti propri senza che ci fosse supervisione, dato che in La Regina degli Elfi di Shannara nomi che erano stati tradotti nei volumi precedenti (lo Spettro del Lago, la veggente Occhio di Serpe, Sentinella del Sud) sono stati lasciati in lingua originale, rischiando così di causare confusione in chi legge e magari non ha gran dimestichezza con la lingua inglese. Quando s’intraprende un progetto, occorre una certa coerenza: o tutti i nomi vengono tradotti o devono essere lasciati in lingua originale, non si può cambiare di volta in volta secondo l’estro del traduttore. Purtroppo questa è una cosa che in Italia si è vista diverse volte (restando in tema di autore e casa editrice, è accaduto lo stesso anche con il ciclo di Landover).
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