
Fuga dal pianeta delle scimmie si mantiene più o meno sul livello del secondo film, L’altra faccia del pianeta delle scimmie, ovvero si va di perplessità e scivoloni. Nella pellicola precedente, la Terra del futuro viene distrutta completamente da una potente testa nucleare, ma prima che questo avvenga, Zira e Cornelius si salvano fuggendo dal pianeta con l’astronave di Taylor precipitata in un lago, che è stata recuperata e riparata dal dottor Milo. E qui ci sono le prime grandi perplessità. Uno, come hanno fatto a tirarla fuori dall’acqua con i mezzi che avevano? Due, come hanno fatto a ripararla avendo una tecnologia inferiore a quella dell’astronave?
Non bastasse questo, l’onda d’urto che colpisce l’astronave in volo la spedisce indietro nel tempo, facendola finire nella Terra abitata ancora dalla civiltà umana. Zira, Cornleius e Milo finiscono in uno zoo, trattate come scimmie comuni, almeno fino a quando non si scopre che sanno parlare. Milo muore praticamente subito ucciso da un gorilla, mentre Zira e Cornelius diventano praticamente delle star, finendo sotto l’attenzione sia dei media, sia del pubblico, sia del governo. Almeno fino a quando non hanno a che fare con il dottor Otto Hasslein, che li vede come una minaccia e vuole scoprire cosa è accaduto all’umanità nel futuro; durante l’interrogatorio, oltre a raccontare il conflitto che ha portato alla distruzione del pianeta e la convinzione (più che convinzione) trasmessa che l’uomo distrugge se stesso e quanto ha a che fare con lui, si scopre che un’epidemia aveva sterminato cani e gatti, facendo così divenire le scimmie gli esseri scelti dall’uomo come animali domestici; col passare del tempo le scimmie presero consapevolezza della loro condizione e si ribellarono agli esseri umani.
Sempre più convinto che Zira, Cornelius e il piccolo che lei porta in grembo siano una minaccia (specie dopo aver saputo che Zira aveva dissezionato umani nel suo lavoro), il dottor Otto Hasslein ha l’ok del presidente degli Stati Uniti a sterilizzare la coppia e sopprimere il futuro nascituro. Zira e Cornelius scappano e, aiutati da due umani, si rifugiano in un circo, ma lo spietato dottore continua a dargli la caccia, uccidendo loro e il piccolo da poco nato. Tuttavia, quello che viene ucciso non è il piccolo della coppia, ma una scimpanzè da poco nata nel circo dove si erano rifugiati; Milo, questo il nome del loro figlio, è rimasto nel circo sotto la protezione del proprietario del circo.
Se non fosse per l’escamotage per fare un seguito della serie, che a mio avviso fa cascare un po’ le braccia, e per certi dettagli che lasciano un poco a desiderare, Fuga dal pianeta delle scimmie non sarebbe un film malvagio, ha degli spunti interessanti, anche se non sono molto innovativi: qui si ribaltano i ruoli che si avevano nel primo film (sono le scimmie intelligenti e parlanti a essere viste come attrazione, curiosità e anomalia), ma il copione rimane sempre lo stesso, ovvero che alla fine, in qualsiasi società ci si ritrovi, il diverso viene visto come qualcosa che va eliminato. L’unica cosa a mio avviso meritevole è il fatto che il film fa da anello di congiunzione tra il passato della Terra (il presente in cui sono finite le scimmie) e il suo futuro (il mondo in cui vivevano le scimmie), con gli eventi che si verificano che determinano quello che dovrà accadere; in poche parole, sono gli stessi umani, inconsapevolmente, a creare il proprio destino, costruendo così un fato ineluttabile: se non avessero inviato l’astronave alla ricerca di un nuovo mondo, le scimmie intelligenti non sarebbero potuto arrivare, mettendo così il seme della nuova stirpe che col tempo si sarebbe sviluppata fino a essere dominante.
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