Demon Slayer da tanti è considerato un capolavoro e il successo che sta avendo, soprattutto grazie alla serie animata, sembra dare ragione a queste persone. Le cose stanno però veramente così?
Se lo si guarda con l’occhio di chi non ha mai visto altre serie anime, può essere così: se è il primo anime che si vede, la storia e soprattutto i disegni possono far dare un simile giudizio.
Se invece di serie se ne sono viste un po’ più di una, le cose cambiano. Premessa: Demon Slayer è ben realizzato, soprattutto per quanto riguarda il livello grafico e il comparto sonoro. I personaggi sono abbastanza ben delineati, anche se ce ne sono alcuni che con i loro comportamenti portati all’eccesso (Zen’itsu e Inosuke) possono far dare un poco di fastidio; un peccato, perché quando si comincia ad approfondire la loro storia personale, le cose si fanno interessanti, e lo sarebbero di più se non si fosse calcata troppo la mano sulle scenette comiche di cui si rendono protagonisti.
Questa scelta fa un po’ perdere mordente alla serie, che inizia davvero alla grande: siamo in Giappone durante l’era Taishō (periodo che va dal 30 luglio 1912 al 25 dicembre 1926) e il giovane Tanjiro, dopo la morte del padre, ha il ruolo di uomo di casa di una numerosa famiglia. La sua è una vita tranquilla, anche se dura; un giorno, scende dalla montagna su cui vivono per vendere il carbone; di ritorno la sera, un anziano signore lo fa fermare a casa sua perché è pericoloso viaggiare di notte. Le parole del vecchio sui demoni gli sembrano delle semplici storie, ma quando la mattina ritorna a casa, trova la sua famiglia sterminata: solo una sorella, Nezuko, è sopravvissuta. Tanjiro la porta di corsa al villaggio perché le curino le ferite, ma Nezuko si trasforma in demone e lo aggredisce. Sul posto arriva Giyu, ammazzademoni e uno dei Pilastri, e la ferma, apprestandosi a eliminarla; Tanjiro però gli si oppone, perché Nezuko è tutto ciò che rimane della sua famiglia. Per Giyu è un gioco da ragazzi mettere fuori combattimento il ragazzo ed è a questo punto che accade qualcosa d’imprevedibile: Nezuko si mette a difesa del fratello. Giyu rimane colpito, perché nessun demone ha mai difeso un essere umano, limitandosi sempre e solo a mangiarlo; capendo che Nezuko è un demone anomalo e che mantiene parte dei ricordi di quando era umana, decide di risparmiarla, dicendo a Tanjiro di cercare il vecchio Urokodaki Sakonji, un tempo suo maestro. Sotto la sua guida, Tanjiro diventerà un ammazzademoni e si metterà in cerca del responsabile di quanto è accaduto alla sorella, Muzan Kibutsuji, e di trovare un modo per farla tornare normale.
Da quel che si può vedere, Demon Slayer non è nulla di originale: non è la prima volta che si vedono guerrieri armati di spade (in questo caso katane) che danno la caccia ai demoni. Certo c’è il fascino del folclore giapponese, ma resta comunque il fatto che si è dinanzi a uno dei tanti battle shonen (una storia incentrata sui combattimenti); anche il mostrare che alla fine, quando muoiono, i demoni ritrovano una parte di umanità, che in fondo sono vittime dei loro fallimenti, dell’ambiente in cui sono vissuti, non danno quel tocco che lo rendono qualcosa di straordinario. Ci sono degli elementi interessanti (le katane costruite con un minerale particolare che rispecchiano l’animo di chi le impugna; le tecniche di spade basate sulla respirazione), ma non rendono Demon Slayer qualcosa di unico.
Tuttavia, si può tranquillamente definire capolavoro il lavoro svolto dallo studio di animazione giapponese Ufotable, che con la serie di Demon Slayer ha raggiunto un ottimo livello: il comparto tecnico ha davvero dato il meglio di sé (la cosa non sorprende, visto che ha realizzato opere come Fate/Zero e Fate/stay night: Unlimited Blade Works).
In definitiva, se si cerca dell’ottima animazione, con Demon Slayer si va sul sicuro; idem se si ricerca una buona storia. Tuttavia, se si vuole qualcosa di più, allora si potrebbe rimanere un poco delusi.
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