Respiro con calma e sorrido. C’è pace tra gli alberi. Sotto i piedi gli aghi dei pini scricchiolano. Attorno aleggia il profumo delle ginestre. Gli uccellini cinguettano e spira una leggera brezza.
Soprattutto, non ci sono persone. Per questo sono salito sulle montagne, allontanandomi dai sentieri e perdendomi nelle profondità dei boschi.
Riprendo a camminare, felice.
Sono quaranta giorni che non ho crisi. Forse sta passando. Forse sto davvero disintossicandomi.
Accendo il trasmettitore.
«A chiunque è in ascolto: siamo tutti in pericolo. Se saremo esposti per un tempo prolungato ai raggi minchio, la società, per come l’abbiamo conosciuta finora, cesserà di esistere.
Se pensate che questo sia uno scherzo, scordatevelo: i raggi minchio esistono. Le multinazionali li usano per guidare la massa.
E quale massa migliore da guidare se non una formata da minchioni?
Sì, minchioni, perché le persone intelligenti non si fanno guidare: usano la propria testa.
Ma esiste un modo per piegare anche le persone intelligenti: i raggi minchio, per l’appunto.
Le multinazionali li hanno immessi nella pubblicità. Non una pubblicità qualunque, ma una che sarebbe diventata virale: quella di quel maledetto, stupido balletto, accompagnata da quella maledetta, stupida musichetta per la telefonia mobile.
Quel dannato ballerino, il giorno in cui ha inventato quello schifo di balletto, non poteva fare altro?
Scusate, sto divagando: il solo pensare a quella pubblicità fa montare una rabbia che rischia di diventare incontrollata e mi fa venire voglia di menare qualcuno. Torniamo al punto importante.
Se sarete esposti a lungo ai raggi minchio, la vostra intelligenza, assieme alla capacità di linguaggio, regredirà, e sarete capaci solo di obbedire come degli idioti, oltre a mettervi a ballare quello stupido balletto in qualsiasi momento. Sarà più forte di voi, non potrete resistervi.
Pulite le scale?
Balletto.
State facendo la doccia?
Balletto.
Siete a fare la spesa?
Balletto.
Tenete spenti televisori, pc, smartphone; evitate di navigare in rete. Non accendete neanche la radio: la pubblicità potrebbe essere messa in onda in qualsiasi momento. Una volta ascoltato il mio messaggio, evitate di avere a che fare con qualsiasi mezzo di comunicazione e allontanatevi dai centri abitati. Tenetevi alla larga anche dalle persone minchionizzate: sono portatrici dei raggi minchio e potrebbero contagiarvi, rendendovi come loro. Raggiungete le montagne: io sono già qui e vi troverò. Posso aiutarvi e insieme ideeremo un modo per fermare tutto questo.
Non sottovalutate il pericolo: perché il ballare e il rinminchionirsi non sono le cose peggiori che possono capitarvi. Se la quantità di raggi minchio che assorbirete sarà eccessiva, voi… »
Spengo il trasmettitore: ho sentito qualcosa. M’inerpico lungo la salita. Il sussurro che prima sentivo ora diventa un vociare sempre più forte.
Dovrei allontanarmi, l’istinto mi sta mettendo in guardia, ma la speranza che qualcuno abbia ascoltato il messaggio e accolto il mio appello è troppo forte: ormai sono giorni che sto trasmettendo.
Supero gli ultimi alberi. La radura si apre davanti ai miei occhi, inondata dalla luce del tramonto. Decine di persone sono in piedi in mezzo a essa, con in mano degli smartphone. Uomini, donne. Giovani, vecchi. Sono tutti in perizoma e bikini. Un uomo, anche lui con solo perizoma, sta davanti a loro.
«Oh raga, con questo video faremo un culo di soldi!»
«Sì!» esulta giuliva la massa.
«Spakkerà di brutto!» urla una parte.
«Sarà una figata!» risponde l’altra parte.
«E mi raccomando: dobbiamo sbatacchiare di brutto, proprio come facevano le balle di Bolle! Pronti?» domanda l’uomo.
Tutte le persone inclinano leggermente le ginocchia verso l’interno, poggiando l’indice sullo schermo dello smartphone.
“Oh no…” comincio a indietreggiare. “Nononononononononono…”
Corro a perdifiato tra gli alberi, sperando di fare in tempo ad allontanarmi da lì.
Troppo tardi: la musichetta parte.
Mi fermo, indurendomi di colpo, le braccia che di scatto mi si attaccano al corpo, cominciando a fondersi con esso.
“No…sta accadendo di nuovo…”
I due poliziotti stavano terminando il giro di ronda dell’isolato. Avevano ricevuto una segnalazione di movimenti sospetti nella zona periferica della cittadina montana, in prossimità dei boschi, ma non avevano riscontrato nulla di anomalo.
«Sarà stato lo scherzo di un qualche imbecille» sentenziò il poliziotto basso mentre ritornavano all’auto.
«O di uno fatto di brutto» replicò il poliziotto alto.
«Come quel ragazzo che era andato a fare una passeggiata in montagna ed è stato ritrovato in stato di shock: non faceva che ripetere d’essere stato inseguito da una minchia gigante che lo voleva menare.»
I due presero a ridere di gusto.
«Bellissima… la vorrei proprio vedere questa minchia gigante…quanto sarà alta? Quattro metri?» disse il poliziotto basso cercando di riprendersi.
«E per muoversi come fa? Gli sono spuntate le gambe o usa le palle come ruote?»
Continuando a ridere, salirono in auto. Il poliziotto alto stava per allacciarsi la cintura e avviare il mezzo quando il compagno scese di nuovo. «Che c’è?» gli chiese.
L’altro gli fece cenno con la mano di aspettare, allontanandosi di qualche passo dalla macchina.
Il poliziotto lasciò passare qualche secondo, poi scese anche lui. «Si può sapere che c’è?» domandò, rimanendo perplesso vedendo il compagno a bocca aperta fissare davanti a sé. Seguì la direzione del suo sguardo, spalancando anche lui la bocca per lo stupore.
«Oh, cazzo…» fu tutto quello che riuscì a dire.
Dalla montagna decine di minchioni alti quattro metri avanzavano zompando, ballando sgraziati e sbatacchiandosi l’uno contro l’altro.
(Questo racconto è la nuova versione di I raggi minchio, brano postato su Writer’s Dream)
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